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Claudio Maffei

Sono nato il 6 maggio 1952 a Milano in via Cimarosa angolo corso Vercelli.

Allora ci passava il "Gambadelegn", un trenino diretto a Magenta, oggi c’è Mc Donald.

La figura di riferimento più importante per la mia infanzia è stata la nonna Fanny, nonna materna: giornalista, scrittrice, fantastica affabulatrice.

Elementari, medie, liceo classico ed è subito il ‘68.

In quegli anni niente guerriglia urbana, facevo un po’ lo studente, un po’ il nuotatore, un po’ il batterista. Ho partecipato anche, con un gruppo, al festival studentesco di Milano.

I batteristi, si sa, frequentano i chitarristi e a volte imparano, da autodidatti, a suonare la chitarra.

De Andrè, Guccini, Gaber, i miei modelli.

Chitarrista, cantante, cabarettista prima per gli amici, poi anche per il pubblico. A 19 anni, dopo l’ennesima richiesta di quanti esami avessi sostenuto all’università, esco di casa per provare a vivere di teatro, di cabaret, di canzoni.

Tanti provini, qualche tv privata, qualche comparsata in un film.

Poi l’incontro con un grande personaggio, Giovanni Spadolini, allora direttore del Corriere della Sera, per tentare la carriera di giornalista.

Fu lui che mi indicò la strada: “hai fatto l’attore… potresti insegnare a parlare in pubblico… qui, in Italia, ce n’è tanto bisogno. In America si studia la retorica, si fanno esami all’università, qui ancora ognuno si improvvisa:… i politici… gli imprenditori… Vedrai, insegnare a parlare in pubblico a queste persone diventerà una professione anche qui da noi”.

La gavetta è stata durissima. Quando mi proponevo agli imprenditori per migliorare la loro comunicazione mi prendevano per un tecnico della Sip (oggi Telecom)! Poi, giovanissimo, ho creato una società e mi sono messo sul mercato. A 30 ero il segretario generale della FERPi, la Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, a 35 ne ero il presidente, e nel frattempo continuavo a formarmi.

Avevo sempre in mente le parole di Giovanni Spadolini.

Ho così deciso di andare a vedere chi queste tecniche le aveva inventate. E allora via, con quelle quattro parole di inglese imparate a scuola, a seguire i corsi di Paul Watzlawick, Tom Peters, Deepak Chopra, John Grinder, Richard Bandler, Robert Dilts, Kenneth Blanchard. Ma non dimentico due miei grandi maestri italiani, così diversi, ma così utili alla mia formazione:

Silvio Ceccato artista prestato alla cibernetica e Mario Silvano un vero mago della formazione nel settore commerciale.

Oggi, faccio i conti un po’ a spanne e posso dire di aver avuto circa 150mila allievi, alcuni dei quali, a loro volta, sono diventati ottimi docenti.

Su e giù per l’Italia, con la stessa passione di quando, poco più che adolescente, facevo i primi spettacoli, ogni giorno mi ritrovo in un’aula con un unico scopo: migliorare le relazioni di chi mi sta di fronte, convinto come sono che, chi ha buone relazioni con gli altri, vive meglio ed è felice.

 

Claudio Maffei

 

 

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